I CEO globali vedono una recessione breve e leggera nei prossimi mesi, ma rimangono ottimisti sulle prospettive a tre anni
Il sentiment sulle prospettive economiche - Lo studio globale KPMG
Il sentiment sulle prospettive economiche - Lo studio globale KPMG
- Più di 8 CEO su 10 prevedono l'arrivo di una fase recessiva, ma poco più della metà si aspetta che sarà leggera e breve
- Aumenta la fiducia nella crescita dell’economia globale nel medio lungo termine
- Il 65% dei CEO intervistati vede il lavoro in presenza come la modalità di lavoro ideale per i prossimi 3 anni
Milano, 24 ottobre 2022 – Nei prossimi mesi, più di 8 CEO su 10 a livello globale (86%) prevedono l'arrivo di una fase recessiva, ma il 58% si aspetta che questa sarà leggera e breve.
È quanto emerge dalla survey KPMG ‘CEO Outlook 2022’ che raccoglie le opinioni di più di 1.300 CEO delle più grandi aziende al mondo sulle prospettive dell’economia globale e sulle strategie per rispondere ad un contesto fortemente incerto come quello attuale.
Il 73% dei CEO prevede che la recessione interromperà la crescita prevista della propria organizzazione, ma tre quarti (76%) hanno già adottato misure precauzionali in vista di una recessione incombente.
I CEO italiani si dimostrano, invece, più ottimisti riguardo ad una possibile recessione, ma anche meno preparati ad affrontarla: il 72% dei CEO italiani intervistati ritiene che ci sarà una recessione nei prossimi 12 mesi (vs 86% a livello globale), il 44% ritiene che sarà breve e lieve (vs 58% a livello globale), mentre solo il 52% ha già adottato misure precauzionali in vista di una recessione incombente (vs 76% a livello globale).
Il 14% dei CEO globali identifica proprio il rischio di una recessione tra le preoccupazioni più urgenti in questa fase anche se le difficoltà legate alla pandemia sono ad oggi il tema considerato più critico (15%). I CEO italiani, invece, hanno indicato come principale preoccupazione per la crescita della propria azienda l’adozione di tecnologie digitali (18% vs 11% dei CEO globali), le difficoltà legate alla pandemia (16% vs 15% dei CEO globali) e i rischi reputazionali (14% vs 10% dei CEO globali).
Tra i principali fattori di rischio che potrebbero incidere sulla crescita del business nei prossimi tre anni, i CEO globali hanno identificato le nuove tecnologie disruptive, le tematiche operative, la regolamentazione, il rischio climatico e il rischio reputazionale. I CEO italiani, invece, hanno indicato il rischio di un ritorno al territorialismo (16% vs 7% dei CEO globali), i rischi reputazionali (14% vs 10% dei CEO globali) e i rischi operativi (14% vs 10% dei CEO globali).
La trasformazione digitale è fondamentale per guidare la crescita in uno scenario incerto
L'attuale fase di profonda incertezza sta spingendo i CEO a continuare a dare priorità alla trasformazione digitale, considerato uno dei temi più importanti per favorire la crescita. Tuttavia, il 40% delle aziende ha momentaneamente sospeso le proprie strategie di trasformazione digitale e un altro 37% prevede di adottare tali misure nei prossimi 6 mesi.
Nel medio/lungo termine, più di un quarto dei CEO ritiene che l'avanzamento della digitalizzazione e della connettività aziendale sia vitale per raggiungere gli obiettivi di crescita nei prossimi 3 anni. Il 74% concorda inoltre sul fatto che gli investimenti strategici digitali ed ESG della propria organizzazione siano indissolubilmente legati.
Focus sui rischi reputazionali e sull’attrazione dei talenti
Il rischio reputazionale, e quindi il pericolo di un disallineamento rispetto alla percezione della propria azienda da parte di clienti e opinione pubblica, sta destando maggiori preoccupazioni tra i CEO rispetto all'inizio del 2022 (10% ad agosto contro il 3% a febbraio). In risposta alle sfide geopolitiche, il 51% delle organizzazioni globali ha interrotto la collaborazione con la Russia e il 34% prevede di farlo nei prossimi 6 mesi.
Attrarre i talenti è una sfida sempre più complessa, sia per il contesto economico globale volatile, sia per gli obiettivi di crescita dei CEO. Più di due terzi degli amministratori delegati (71%) concordano sul fatto che la capacità di trattenere i talenti, tenendo presente le pressioni inflattive e l’aumento del costo della vita, è al primo posto, così come gli impatti nel lungo termine sulle organizzazioni della pandemia e delle tensioni geopolitiche. Con il perdurare delle tensioni macroeconomiche, il fenomeno delle Great Resignation potrebbe rallentare; alla luce di questo, il 39% dei CEO ha già implementato un blocco delle assunzioni e il 46% considera di ridimensionare la propria forza lavoro nei prossimi 6 mesi. Tuttavia, la visione triennale è più ottimistica, con solo il 9% che si aspetta un'ulteriore riduzione dell'organico.
Il lavoro da remoto o ibrido ha avuto un impatto positivo su assunzioni, collaborazione e produttività negli ultimi 2 anni. Tuttavia, molte aziende multinazionali stanno lanciando piani di rientro in ufficio per sancire una sorta di ‘ritorno alla normalità’: il 65% dei CEO intervistati vede il lavoro in presenza come la modalità di lavoro ideale per i prossimi 3 anni, mentre il 28% preferisce un sistema ibrido e il 7% completamente da remoto. Se si guarda alla realtà italiana, il 56% dei CEO italiani intervistati ha indicato il lavoro in presenza come l'ambiente di lavoro ideale per i prossimi 3 anni, mentre il 42% preferisce un sistema ibrido e il 2% completamente da remoto.
Quasi un quarto (22%) dei CEO afferma che la mancanza di competenze ed esperienze sta ostacolando l'implementazione delle soluzioni ESG, un aumento rispetto al 16% di inizio anno.
I CEO riconoscono l'importanza delle iniziative ESG per le loro attività, soprattutto quando si tratta di migliorare la performance finanziaria e di guidare la crescita: quasi la metà (45%) dei CEO concorda sul fatto che i progressi in materia di ESG migliorano le prestazioni finanziarie aziendali, un aumento rispetto al 37% di appena un anno fa. Tuttavia, a causa della perdurante incertezza economica, la metà delle aziende sta interrompendo o riconsiderando i propri sforzi ESG in essere o pianificati per i prossimi 6 mesi e il 34% lo ha già fatto.
Più alleanze che M&A
Alleanze strategiche (26%), crescita organica (22%) e gestione dei rischi geopolitici (20%) sono in cima alla lista delle strategie più importanti per il raggiungimento degli obiettivi di crescita aziendale nei prossimi 3 anni. I CEO indicano che le incertezze geopolitiche continueranno ad avere un importante impatto sulle strategie aziendali e sulle catene di approvvigionamento nei prossimi 3 anni. In particolare, l'81% dei CEO ha modificato o prevede di adeguare i processi di gestione del rischio per tenere conto del rischio geopolitico e il 21% dei CEO rafforzerà le misure per adattarsi alle questioni geopolitiche per raggiungere i propri obiettivi di crescita, una percentuale che sale al 34% per i CEO italiani. In un contesto come quello attuale, caratterizzato da profonda incertezza e con le tensioni geopolitiche al centro dell'agenda del 2022, i CEO devono essere preparati ad affrontare i rischi: è, quindi, importante inserire la valutazione del rischio geopolitico all’interno della strategia aziendale.