Con l’obbligo di rendicontazione della sostenibilità ormai imminente, le più grandi aziende del mondo stanno adottando un approccio proattivo, con un significativo aumento delle imprese che già pubblicano dati ESG, inclusi gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio.
È questo uno dei principali risultati che emerge dallo studio KPMG ‘The move to mandatory reporting. Survey of Sustainability Reporting 2024’, che si basa su un’analisi condotta su un campione di 5.800 aziende in 58 paesi. Lo studio offre una revisione completa dei progressi attuali sulla rendicontazione ESG da parte delle più grandi aziende del mondo. L’analisi include dati sulle 100 principali aziende mondiali (N100) e sulle 250 maggiori aziende mondiali per fatturato (G250).
Negli ultimi due anni si è assistito ad un aumento significativo della percentuale di aziende che pubblicano obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio, mentre la percentuale di aziende che forniscono una rendicontazione riguardo alla biodiversità rimane inferiore, ma in aumento significativo rispetto all’edizione precedente del 2022.
I principali trend emersi dalla survey
- La rendicontazione sulla sostenibilità e la definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio sono diventati parte integrante delle attività aziendali. Sia la rendicontazione sulla sostenibilità che gli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio sono stati adottati da quasi tutti i gruppi globali appartenenti alle G250 e da quattro quinti dei gruppi N100.
- Alcune aziende hanno già modificato le loro prassi di reporting in vista del passaggio alla rendicontazione obbligatoria sulla sostenibilità ai sensi della CSRD dell’UE. La Direttiva, per il primo anno, sarà applicata a un gruppo iniziale di aziende per la rendicontazione sugli esercizi finanziari che terminano il 31 dicembre 2024, ma sarà ampliata ad altre numerose aziende che rientrano nel campo di applicazione della direttiva fino ad arrivare al 2029. Tuttavia, alcune aziende, principalmente con sede in Europa o con attività in Europa, hanno iniziato un percorso per essere pronte a rispondere alla CSRD, ad esempio fornendo una prima disclosure sull’analisi di doppia rilevanza (materialità). Inoltre, quasi la metà delle aziende europee nella ricerca ha già rendicontato gli indicatori previsti dalla Tassonomia UE.
- La doppia rilevanza (materialità), richiesta dalla CSRD, è ora utilizzata dalla metà delle maggiori aziende. Le maggiori aziende G250 sono più propense a utilizzare processi di doppia materialità che valutano sia gli impatti sulla società e sull’ambiente sia come questi influenzano le loro performance finanziarie attraverso rischi e opportunità. La doppia materialità è la forma più completa di valutazione della materialità ed è un pilastro della conformità alla CSRD dell’UE; quindi, alcuni di coloro che la adottano hanno svolto dei primi esercizi volontari utili per prepararsi a quando diventerà obbligatoria.
- Le linee guida e gli standard volontari rimangono ampiamente utilizzati. Il GRI rimane lo standard più diffuso, con tre quarti delle aziende G250 che lo utilizzano e una proporzione quasi altrettanto alta dei gruppi N100. Ci sono stati aumenti maggiori nell’uso sia del SASB che delle linee guida delle borse valori negli ultimi due anni, sebbene da basi inferiori. La loro adozione varia significativamente per paese e regione, con tutte le aziende intervistate in Arabia Saudita che utilizzano le linee guida della loro borsa valori locale e due terzi di quelle nelle Americhe che utilizzano il SASB.
- La rendicontazione sulla biodiversità continua ad aumentare. Circa la metà sia dei gruppi G250 che N100 ora riportano sulla biodiversità, rispetto a circa un quarto quattro anni fa, sebbene la crescita sia stata più lenta negli ultimi due anni. Le differenze significative tra le regioni sui tassi di adozione riscontrate due anni fa si sono ridotte da allora, con le aziende in Medio Oriente e Africa che si avvicinano alla media globale.
- L’adozione delle raccomandazioni del TCFD continua a crescere. Quasi tre quarti delle aziende G250 riportano i rischi climatici in linea con le richieste della Task Force on Climate-Related Financial Disclosures.