La fiducia dei CEO torna ai livelli pre-pandemia, M&A e Sostenibilità al centro delle strategie di crescita.

La ricerca globale di KPMG fotografa il sentiment dei CEO.

La ricerca globale di KPMG fotografa il sentiment dei CEO.

  • Il 60% degli amministratori delegati è ottimista sulla ripresa dell’economia globale
  • Quasi 9 CEO su 10 stanno pianificando acquisizioni per accelerare la crescita
  • La maggioranza sta pianificando investimenti per la sostenibilità, ma si chiedono anche incentivi fiscali per la decarbonizzazione.

Nonostante la variante ‘Delta’ del COVID-19, i CEO delle principali aziende a livello globale tornano ottimisti sulle prospettive di ripresa dell’economia globale, riportando la fiducia ai livelli pre-pandemici. Il 60% di essi è positivo sulla crescita globale dei prossimi 3 anni (lo era solo il 42% a gennaio di quest’anno), mentre quasi il 90% è ottimista sulle prospettive di crescita della propria azienda.

Sono questi alcuni dei risultati che emergono dalla 7a edizione dello studio 'KPMG CEO Outlook 2021', che raccoglie le risposte di più di 1.300 CEO di aziende globali con fatturato superiore ai 500 milioni di dollari, di 11 tra le principali economie globali tra cui l’Italia.

Torna la voglia di M&A

Quasi 9 CEO su 10 stanno pianificando acquisizioni nei prossimi 3 anni per accelerare la crescita delle loro aziende. Oltre alle acquisizioni, si punta anche su alleanze e joint venture. Per il 69% dei CEO anche le alleanze e le Joint Venture sono strumenti da adottare con convinzione. I risultati dimostrano che sul mercato c’è molta liquidità e che le aziende hanno bisogno di imprimere un’accelerazione al loro percorso di crescita, adottando strategie di crescita inorganica per espandersi in nuovi mercati o per acquisire asset complementari rispetto al loro core business, soprattutto sui temi del digitale. 

Si punta sugli ESG ma si chiedono incentivi fiscali

Il tema della sostenibilità rimane in cima all’agenda dei CEO. Uno degli aspetti positivi emersi dall’esperienza del COVID-19 è l’attenzione ai criteri ESG, che si posizionano al centro delle strategie di lungo termine delle aziende. Il 30% degli amministratori delegati investirà più del 10% dei ricavi globali della propria organizzazione in programmi di sostenibilità. Un dato che tra i CEO italiani sale al 42%, e che rivela una particolare sensibilità al tema tra gli amministratori delegati del nostro Paese. Su questo punto, però, i leader aziendali chiedono interventi pubblici per facilitare gli investimenti: in particolare, il 77% dei business leader ritiene fondamentali degli incentivi fiscali da parte dei Governi per il raggiungimento dell’obiettivo ’net-zero’

Lo stretto legame tra sostenibilità e digitalizzazione

Le grandi imprese hanno ridotto drasticamente le proprie emissioni durante la pandemia, anche grazie alle restrizioni sugli spostamenti e all’adozione dello smartworking, ma diversi leader puntano a consolidare i risultati raggiunti anche durante il periodo di ripresa economica. Un terzo dei CEO (33%) afferma che il mancato raggiungimento degli obiettivi in termini di sostenibilità, rappresenterebbe anche un importante svantaggio competitivo sul mercato. Evidentemente, di fronte alla crescente pressione dell’opinione pubblica, le aziende sono consapevoli delle aspettative della società. La creazione di un futuro sostenibile passa anche dalla trasformazione digitale: il 75% dei CEO vede infatti un legame stretto tra gli investimenti digital e i temi ESG. I CEO italiani sono ancora più convinti di questa connessione (82% del totale). Sempre più, quindi, assisteremo al processo di digitalizzazione a cui la pandemia di COVID-19 ha dato una forte accelerazione.

Il futuro del lavoro è sempre più ibrido

Un dato sorprendente è che solo il 21% dei CEO dichiara di aver ridotto gli spazi lavorativi degli uffici. In Italia, invece, meno di un CEO su 10 (8%).  Questo non significa che non si stiano affermando nuovi modi di lavorare sempre più flessibili. Infatti, oltre la metà degli intervistati dichiara di aver riconfigurato i lay-out degli uffici per offrire ai dipendenti spazi di co-working. Mentre il 42% dei CEO globali (solo il 34% in Italia) sta assumendo giovani talenti che lavorano prevalentemente da remoto. 

Supply chain, cyber security e cambiamenti climatici: le minacce alla crescita

Le imprese sono ancora focalizzate sulla gestione dei rischi economici e sanitari causati dal COVID-19, ma allo stesso tempo valutano anche altri rischi in vista del ritorno alla normalità. Sono tre le aree di rischio principale: supply chain, cyber security e cambiamenti climatici, che nell’opinione dei leader aziendali rappresentano una minaccia per la crescita.

L’approvvigionamento di materie prime deve fare i conti anche con le complessità geopolitiche attuali. L’obiettivo è sempre più quello di dare vita a supply chain resilienti agli shock. Il 56% dei CEO globali (il 62% in Italia) afferma che la supply chain della loro azienda è stata sottoposta a un maggiore stress durante la pandemia.

Con l’accelerazione del passaggio al digitale, inoltre, cresce anche la consapevolezza dei rischi legati all’area informatica. Investire in cyber security è sempre più una priorità per le imprese, anche in vista del proseguimento del lavoro da remoto.

Infine, i CEO individuano nei rischi legati al cambiamento climatico la terza grande minaccia per la ripartenza economica. Occorre investire nella transizione energetica e digitale per rispondere agli obiettivi di riduzione delle emissioni e costruire un business sostenibile a livello ambientale.

Nota metodologica

La CEO Outlook 2021 di KPMG fornisce il sentiment degli amministratori delegati sulla crescita globale e della propria azienda nei prossimi tre anni e sull'impatto che la pandemia di COVID-19 in corso avrà sul futuro delle loro organizzazioni.

KPMG dal 29 giugno al 6 agosto ha intervistato 1.325 CEO di aziende con un fatturato annuo superiore a 500 milioni di collari, di cui un terzo ha un fatturato annuo di oltre 10 miliardi di Dollari. I leader aziendali coinvolti nel sondaggio appartengono a 11 mercati chiave (Australia, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti) e 11 settori chiave dell'industria (gestione patrimoniale, automobilistico, banche, consumatori e vendita al dettaglio, energia, infrastrutture, assicurazioni, scienze della vita, produzione, tecnologia e telecomunicazioni).