Il webinar ‘L’Eccellenza nella Employee Experience’, organizzato da KPMG in collaborazione con Harvard Business Review Italia, ha approfondito con alcuni esperti del settore HR il valore condiviso dell’esperienza, l’impatto delle nuove generazioni e l’importanza del purpose di un’azienda, temi emersi dalla ricerca condotta da KPMG e Great Place To Work, che ha raccolto i feedback forniti da 40mila dipendenti italiani e 40 HR Manager provenienti da 100 aziende.
Paolo Lavatelli, Partner KPMG: la personalizzazione dell’esperienza
Il tema della gestione dei talenti ha scalato la classifica delle priorità nelle agende di CEO e HR Director, per i quali la capacità di rispondere ai bisogni e alle richieste dei dipendenti è fondamentale per consentire loro di esprimere appieno le proprie potenzialità.
Il 70% delle persone intervistate nella ricerca svolta con Great Place To Work ha espresso grande soddisfazione per la propria esperienza lavorativa. Un risultato sorprendente, soprattutto considerando il periodo di rilevazione in piena pandemia di COVID-19. Sebbene il dato non rappresenti il mercato italiano nel suo complesso, significa che anche nei momenti caratterizzati da crisi e difficoltà inedite è possibile offrire esperienze importanti alle persone.
Dove si gioca l’eccellenza nella Employee Experience? Principalmente nella personalizzazione. Delle sei dimensioni indagate (empatia, personalizzazione, tempo e impegno, aspettative, risoluzione e integrità), solo la personalizzazione risulta quella in cui molti hanno dichiarato una parziale soddisfazione e sui cui le aziende hanno dei margini di miglioramento. Inoltre, dallo studio emerge un’ampia divergenza tra le aziende che hanno già iniziato a lavorare su questo aspetto e chi invece risulta un po’ più indietro nel percorso. A contare sono anche le dimensioni aziendali: risorse e capacità maggiori implicano altrettante difficoltà nella personalizzazione delle esperienze, tanto che nella ricerca si registra un divario di 2 punti tra grandi e piccole imprese, e di 3 punti rispetto alle startup.
Di fondamentale importanza è l’osservazione di una forte correlazione tra Customer ed Employee Experience. Ad alti punteggi nella prima corrispondono elevati punteggi nella seconda. Le aziende che operano nel mercato business to consumer, più abituate a gestire in modalità segmentata numeri importanti di clienti, sono quelle che hanno ottenuto risultati migliori in questo ambito.
Un messaggio altrettanto importante arriva dal parametro dell’inclusione: la differenza registrata tra uomini e donne è stata impercettibile. Le realtà che hanno lavorato con successo per ridurre i gender gap sono quelle che hanno ottenuto migliori risultati in termini di Employee Experience. Infine, 7 persone su 10 hanno avanzato una domanda molto forte: essere accompagnati in percorsi di upskilling e reskilling delle proprie competenze, ritenute insufficienti per affrontare le sfide del presente e del futuro.
Simona Liguoro, HR Director Nespresso: fiducia significa appartenenza
Ciò che fa sentire le nostre persone uniche e speciali è la consapevolezza che il loro lavoro va oltre le performance individuali o del team e possiede un valore che attraversa il mondo e le comunità.
Nespresso in questi anni ha messo a punto un sistema di valori aziendali che guidano le scelte anche nei momenti complessi, come è stato soprattutto durante la pandemia.
Per accrescere l’orgoglio di far parte di un’organizzazione, il pride, è imprescindibile la costruzione di un rapporto di fiducia sempre più forte con le persone e i clienti. Il profitto non deve essere fine a sé stesso, ma deve andare oltre, con progetti che possano moltiplicarne il valore. Un esempio fra tutti è l’istituzione di fondi pensione per i lavoratori delle piantagioni di caffè in Colombia, che prima erano inesistenti.
Altri progetti riguardano l’inserimento di persone con la sindrome di Down e di migranti, oltre a campagne di sensibilizzazione sul gender e sull’inclusione, finalizzate al riconoscimento e alla gestione delle discriminazioni. Per il 2023 l’obiettivo è quello di avere una ripartizione, all’interno del top management, del 50% tra uomini e donne.
Fabrizio Rutschmann, HR Officer di Prysmian Group: purpose e role leader
Specialmente nell’ultimo anno è stato necessario accelerare sul tema dei valori aziendali. Per chi lavora nel mondo delle infrastrutture la sfida del climate change è cruciale. Per questo l’azienda si è posta degli obiettivi ambiziosi in termini di impatto ambientale e sociale.
I temi valoriali sono diventati molto più importanti per i dipendenti, dal momento che per le persone contano sia le esperienze di crescita personale, sia quelle di appartenenza a una organizzazione con una mission di lungo periodo.
Dal punto di vista dell’employee centricity, durante la pandemia è stato necessario migrare, come azienda, decine di migliaia di persone su una piattaforma digitale, che è servita a tenere a bordo digitalmente tutti i lavoratori di oltre 100 stabilimenti, per coinvolgerle, ingaggiarle e farle sentire parte di un progetto comune, nonostante il distanziamento sociale.
La pandemia ha portato una nuova consapevolezza in azienda: il vero enabler del business, più dei capitali e delle macchine, sono le persone.
Il primo salto di qualità è comprendere profondamente che l’engagement, la passione, la determinazione e l’identità della forza lavoro rendono sostenibile un’azienda più di un’altra.
Infine, occorre un HR leadership che dia concretezza ai valori proclamati e che sia all’altezza di un vero role model, una leadership in grado di mettere in atto quanto predica.
Odile Robotti, Amministratore Delegato di Learning Edge: i giovani come game changer
I Millennials, che attualmente costituiscono il 35% della forza lavoro globale, sono stati definiti la ‘Experience Generation’. La loro presenza nella forza lavoro ha, infatti, enfatizzato l’importanza dell’esperienza. Sono anche una generazione abituata a condividere e questa necessità l’hanno traslata nel mondo del lavoro. Questa nuova generazione di lavoratori ha messo in discussione il modo più tradizionale di organizzare il lavoro ed è uno stimolo di miglioramento.
Dal punto di vista generazionale ci sono, dunque, differenze significative. Alle aziende è richiesto uno sforzo di comprensione ‘empatica’ per catturarle e tradurle nel modo in cui la Employee Experience viene disegnata. I Millennials, nati in un contesto di personalizzazione ‘spinta’ delle esperienze di consumo, sono anche molto esigenti in termini di personalizzazione dell’esperienza lavorativa. In quest’ottica, le aziende devono essere consapevoli che i touch points più significativi per i Millennials sono diversi rispetto a quelli dei colleghi più anziani.
Lo stesso discorso vale per la distinzione tra i generi. La ricerca non ha evidenziato grandi differenze tra i generi, un buon segno. Ma anche in questo caso, le aziende devono tenere presente che i touch points più significativi per una donna sono diversi da quelli di un uomo.
Infine, una delle cose più importanti emerse dalla ricerca riguarda le fasi di upskilling e reskilling, oltre alle aspettative non solo sulla employability, ma anche sulla future readiness.
Davide Sala, Executive Vice President and Chief Human Resources Officer di Pirelli Group: connettere i giovani all’azienda
Piuttosto che offrire ricette miracolose, ricorrere a valori e cultura è fondamentale per creare uno spirito di appartenenza aziendale.
Dal punto di vista della sfida culturale e cross-generazionale l’obiettivo è cercare di recuperare le generazioni più giovani, specialmente quelle entrate nel mondo del lavoro durante la pandemia, o poco prima, che non hanno avuto il tempo di costruirsi dei contatti empatici e solidi e che devono ritrovare punti di connessione con l’azienda. Le soluzioni adottate durante la pandemia, nella gestione di modelli di lavoro da remoto e ibridi, sono andate in questa direzione.
Da sottolineare anche l’importanza della responsabilizzazione delle funzioni che lavorano accanto all’HR, nel tentativo di costruire un punto di aggregazione condiviso per manager e dipendenti.