Il settore bancario italiano nel 2020 registra da un lato un peggioramento dei profili economico-finanziari rispetto all’esercizio precedente, dopo un triennio di progressivo miglioramento, dall’altro lato un ulteriore rafforzamento della posizione patrimoniale, unito ad un sensibile miglioramento dei livelli di asset quality in coerenza con il trend avviato a partire dal 2015.

Ciò è dovuto in larga parte agli effetti della crisi pandemica sul contesto industriale e ai riflessi sui conti delle banche italiane. La pandemia di COVID-19, che ha avuto in tutto il mondo un costo altissimo in termini di vite umane, ha comportato sul piano economico la recessione più grave a livello globale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il nostro Paese è stato colpito dall’epidemia in modo estremamente significativo, con il PIL che nel corso del primo semestre del 2020 è sceso di oltre 12 punti percentuali rispetto ai sei mesi precedenti.

In questo contesto, i gruppi bancari italiani hanno avuto un ruolo centrale nella trasmissione delle politiche di sostegno attivate dal Governo verso le famiglie e le imprese italiane e hanno risposto in modo reattivo alle necessità imposte dalla pandemia attraverso la revisione dei propri modelli di servizio alla clientela e l’attivazione di modelli operativi e di organizzazione del lavoro adeguati alla situazione contingente.

Qualità del credito in miglioramento

Per il quinto anno consecutivo si conferma il trend di progressivo miglioramento della qualità del credito dei gruppi bancari del campione analizzato, con un’ulteriore riduzione dello stock di crediti deteriorati, che si conferma su livelli nettamente inferiori rispetto a quelli del 2009.

Il sistema bancario italiano ha superato gli effetti della pesante crisi della qualità del credito, che aveva colpito il settore soprattutto nel periodo 2012-2015 e che aveva portato i non performing loan su livelli prossimi ai 300 miliardi di Euro, e si prepara oggi ad affrontare gli impatti di medio periodo del COVID-19, con una possibile conseguente nuova ondata di NPL tra la fine del 2021 e il 2022, beneficiando di basi più solide e di sistemi di gestione dei non performing loan più efficaci.

Il sistema bancario italiano, infatti, presenta oggi indicatori di qualità del credito migliori rispetto a undici anni fa, sia in termini di incidenza dei crediti deteriorati, sia per quanto concerne il costo del credito, sia in termini di livelli di copertura dei non performing loan.

Ancora difficoltà in tema di efficienza

Anche nel 2020 proseguono i piani di razionalizzazione della rete di filiali e di riduzione del numero di dipendenti dei gruppi bancari italiani, con effetti contrastanti sui principali indicatori di efficienza.

Se da un lato prosegue l’ottimizzazione delle strutture operative e delle risorse, con un calo del numero delle filiali e del numero di dipendenti e una conseguente riduzione delle altre spese amministrative, i costi operativi e i costi del personale del campione analizzato segnano un incremento. Di conseguenza, anche alla luce delle forti difficoltà sul lato della redditività, nel 2020 il Cost/Income Ratio del campione analizzato fa registrare un netto peggioramento.

Gli effetti delle politiche di ottimizzazione delle strutture sul conto economico dei gruppi bancari del campione si osserveranno in modo più consistente nel medio periodo: i gruppi bancari, infatti, stanno ancora scontando gli effetti del turnaround sui modelli di business, con i relativi oneri straordinari nel breve periodo, e delle forti pressioni regolamentari, con ingenti impatti in termini di adeguamento di strutture operative, competenze e organici, nonché i primi effetti degli impatti del COVID-19 sui bilanci bancari.

Crescono i livelli di patrimonializzazione

Nel 2020 i gruppi bancari del campione hanno registrato un netto miglioramento degli indicatori patrimoniali, mantenendosi su livelli ampiamente superiori rispetto ai requisiti minimi stabiliti dalle autorità di vigilanza, sia in termini di Total Capital Ratio, sia in termini di CET1 Ratio.

L’incremento degli indicatori è frutto della consistente crescita di fondi propri e Capitale Primario di classe 1 (CET1), a fronte di attività ponderate per il rischio in deciso calo, a seguito delle evoluzioni regolamentari ‘favorevoli’ (applicazione anticipata di alcuni requisiti della CRR 2) e delle misure pubbliche a contrasto della crisi COVID-19.

Segnali positivi arrivano anche dall’andamento del Texas Ratio, che misura la ‘qualità’ del portafoglio creditizio rispetto alla dotazione patrimoniale delle banche. Nel 2020 questo indicatore segna un netto miglioramento, riflettendo le significative iniziative di ‘deleveraging’ poste in essere nel settore finanziario per la riduzione dei crediti deteriorati (NPL). Per il secondo anno consecutivo tutti i gruppi del campione presentano un Texas Ratio inferiore al 100%, indice di un livello di rischio residuo, al netto delle rettifiche, inferiore alle disponibilità patrimoniali.

Il quadro che emerge osservando i dati dei bilanci 2020 delle principali banche italiane è quello di un settore estremamente robusto sotto il profilo patrimoniale e con un livello di qualità degli attivi significativamente migliore rispetto al passato, ma che risente della pressione sui margini in atto ormai da diversi anni e di opportunità ancora inespresse sotto il profilo dell’efficienza. In questo contesto, i gruppi bancari italiani dovranno trovare il proprio posizionamento in un settore che si sta profondamente trasformando anche per effetto dei cambiamenti socio-comportamentali della popolazione e dell’evoluzione tecnologica e regolamentare.

Sono queste le principali evidenze dell’analisi di bilancio condotta su un campione di 14 gruppi bancari italiani, che rappresentano circa il 69% del sistema bancario italiano in termini di totale attivo consolidato.